Nell’estate del 2011 avevo qualche centinaio di euro messi da parte per acquistare una nuova TV, invece ho comprato una bicicletta da corsa.

Consigliato da un amico ho valutato alcune alternative trovando infine una Battaglin usata: è stato un ottimo affare, uno dei migliori che abbia mai concluso.
Sul piano economico, il prezzo basso per un prodotto praticamente nuovo con componenti non dell’ultima stagione.
Sul piano fisico, insieme a una sana alimentazione mi ha aiutato a perdere una quindicina di chili in pochi mesi senza effetti collaterali e senza recuperarli.
Sul piano psicologico, mi ha fatto guadagnare fiducia in me stesso, mi ha donato determinazione (quella che ti fa alzare alle 5 di mattina per uscire a sudare), mi ha permesso di scaricare tensione e caricare serenità.
Sul piano sociale, ho conosciuto altri appassionati e amanti del mondo a due ruote con cui ho condiviso qualche pedalata, molte chiacchiere e infinite risate.
Sì, mi ha cambiato in meglio la vita.

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Ricordo bene la prima caduta.
Un sabato mattina al termine di un giro, passo a salutare alcuni amici in centro prima di rincasare, destreggiandomi tra i pedoni che affollano il mercato. In un punto stretto rallento quasi fermandomi in surplace per fare passare una bella ragazza e guardandola (il culo, certo) mi distraggo, perdo l’equilibrio, faccio per mettere giù un piede che però è agganciato ai pedali e PATAPONFETE mi trovo per terra. Scoppio a ridere, non riesco a smettere, arrivo alle lacrime tra la gente che mi guarda, con la signora dell’edicola che preoccupata mi chiede se mi sono fatto male, mentre io cerco di alzarmi, invano come una tartaruga a guscio in giù che tenta di raddrizzarsi.

Un’impresa epica è stata la prima ascesa al Monte Grappa.
Mi sento carico e decido di affrontare quei 27km di salita. È Ottobre e sono provvisto solo di abbigliamento estivo, così recupero un paio di vecchi calzini, taglio le punte et voilà ho due manicotti; indosso il anche k-way ed esco. Tutto inutile: oltre alla fatica a darmi noia sono mani e piedi ghiacciati, più che attento a spingere sono intento a tenere in movimento le dita. Però la motivazione è forte e sono in forma, desidero conquistare la vetta e nulla mi può fermare. A un paio di km dall’arrivo, guardando l’Ossario su in alto capisco che ormai ce l’ho fatta, il cuore mi batte forte per l’emozione e non posso evitare di commuovermi. La fatica scompare e sono in cima, osservo giù, vedo dove sono partito e mi sento Dio!

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Le goliardate in compagnia sono memorabili.
Come quella volta che con un amico andiamo al RosAngeles Skate Riot pedalando, in modo da essere liberi di bere senza rischiare la patente. Però tornare a casa alle 3 di notte in bici da corsa dopo un numero alto e imprecisato di birre è alquanto arduo et impegnativo. Infatti la mattina dopo mi sveglio con male alla spalla, me la guardo e vedo un ematoma, unisco i puntini dei vaghi ricordi e mi sovviene quello strano rumore sentito e non compreso: spalla contro palo dello stop. D’OH!
O il primo McRide della storia, ossia McDrive post-aperitivo in bici, che nemmeno volevano darci hamburger e patate, e giù a ridere, a fare gli scemi come adolescenti in libera uscita.

Emozioni, forti e intense, sono i premi per chi si siede su quella sella scomoda. Come quelle che mi regalava e regala ancora Marco Pantani il mio ciclista preferito, colui che gettava il cappello, in presa bassa sul manubrio si alzava sui pedali, scattava e non ce n’era per nessuno.