di Federico Mion

Category: Pensieri

Faber est suae quisque fortunae

Ecco a noi l’ultima intera notte del 2015, anno che mi ha visto protagonista di cose belle e brutte, esperienze pessime e meravigliose, in ogni caso tutte mi hanno condotto qui, dove e come sono ora. E ne sono contento perché dai prossimi 365 giorni non mi aspetto nulla, bensì so che sarò io a cercare, creare e ottenere ciò che voglio.  

La paura è una guida

Viene sempre connotata negativamente, la paura, però è un’emozione come le altre, un segnale che il nostro corpo e il nostro spirito ci inviano. Dobbiamo accoglierla e interpretarla, perché non solo è utile ma è anche necessaria al nostro benessere.

Spesso ci dice di prestare attenzione, di cambiare direzione, che c’è qualcosa che non va. Per esempio un vicolo poco attraente in una città sconosciuta, o un automobilista che procede in maniera strana, o una persona che non ci ispira.
Altrettante volte ci indica la via da seguire, quella difficile, quella che ci fa progredire, quella ricca di ostacoli, quella che ci fa crescere. Come una telefonata che non vogliamo fare, come un sentiero poco battuto, come una persona che ci fa battere il cuore.

Tutto quello che vuoi è dall’altra parte della paura. [Jack Canfield]

Sto cercando di farla mia mettendola in pratica. Mica è facile, mica è banale, ci vuole coraggio e fiducia, tuttavia spesso è l’unico modo per avanzare verso i nostri bisogni, i nostri desideri, i nostri sogni.

Come capire quale maschera indossa la paura, discernere tra timore, timidezza, terrore, panico? Ascoltando e fidandosi dell’istinto, imparando a conoscerla e riconoscerla senza evitarla o respingerla. Vivendola e affrontandola ogni giorno, ricordando che restare all’interno della propria comfort zone significa limitarsi a sopravvivere.

comfort-zone

La fantasia è vita

Fantasia: facoltà della mente umana di creare immagini, di rappresentarsi cose e fatti corrispondenti o no a una realtà. [Treccani]

Da piccoli la usavamo tutti i giorni, in qualsiasi momento, in ogni attività. Poi, chi più chi meno, abbiamo cominciato ad accantonarla perché è meglio avere i piedi per terra e non la testa tra le nuvole. Che tristezza. Che spreco.

Non solo è importante, ma è proprio indispensabile visualizzare e creare nella mente. Perché sensazioni ed emozioni che derivano da questo esercizio sono reali e tangibili. Perché gli effetti che ne conseguono sono concreti. Perché tutti i sogni e progetti percorrono i primi passi su questo terreno.

Fantasia è pura immaginazione, fine a se stessa; senza limiti, senza regole, senza censure, senza confini. Ti permette di viaggiare in tutto il mondo e l’universo, ti permette di creare il tuo mondo e universo, ti consente di essere Dio, ti consente di capire che tu sei Dio. Hai la possibilità di… beh, spetta a te completare questa frase. La fantasia è gratuita e infinita, priva di controindicazioni, eccetto il fatto che crea dipendenza, ma essendo piacevole e positiva questo è un pregio. Usala e abusane!

Fallo ora, non rimandare, altrimenti ha ragione lui:

Gmork: “Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga.”
[…]
Gmork: “Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere.”

Non condivido negativo

Qual è? Qual è il motivo che ti spinge a pubblicare e diffondere notizie negative?

Violenze, disastri, ingiustizie, morti. È sadismo che ti spinge a farlo? O forse mostrare e dimostrare sofferenza e indignazione? Secondo me sei uno di quelli che quando passano accanto a un incidente rallentano e si fermano solo per guardare, per curiosare, con la bocca ipocrita che pronuncia “Speriamo non sia successo niente di grave”, ma con gli occhi avidi di sangue e feriti.

Che utilità ha condividere un’informazione negativa? Nessuna. Stai solo facendo terrorismo, spargendo paura ingiustificata senza beneficio per chicchessia, né per te che lo fai, né ancora meno per me che, nolente, ne vengo a conoscenza.

SMETTILA!

Ricorda che negatività genera altra negatività innescando un circolo vizioso che si autoalimenta dello stesso male che produce.

Tutti fuori!

Come razza umana siamo nati all’aperto.

Col tempo abbiamo imparato a costruire e usare ripari sempre più sofisticati e funzionali, dai rami di un albero a una caverna, da una tenda a una palafitta, da una costruzione in legno a una in pietra. Lo scopo era proteggerci dal meteo ostile, dagli animali predatori, da altri uomini con intenzioni poco amichevoli. Per un tempo limitato, tuttavia: di notte, durante i periodi freddi, con le tempeste, in guerra.

Oggi invece passiamo gran parte della giornata all’interno di qualche edificio. Poco importa che sia una casa, un ufficio o fabbrica, un bar o una palestra. Perdiamo il contatto con la natura, non respiriamo aria libera, dimentichiamo il piacere di sederci al sole con gli occhi chiusi, non usciamo a fare sport o qualche passo nel vento leggero. È proprio un peccato, soprattutto qui in Italia dove il clima è amico e gli spazi abbondano.

aria-aperta

Non abbiamo il bisogno di rinchiuderci! Il leone non ci mangia, i conflitti sono pochi e sufficientemente distanti, altri pericoli non sono così minacciosi. Tetto e mura sono utili e indipensabili, ma meno di quanto pensiamo. Dobbiamo riscoprire il valore e la leggerezza del cielo sopra le nostre teste.

Quando è stata l’ultima volta che hai passato una giornata intera all’aperto?

I mattoni della mia felicità

Alla domanda “Sei felice? Sì, continua così. No, cambia qualcosa” rispondo con la seconda.

Prendendo spunto da Francesco Grandis aka Wandering Wil compilo una lista che elenca ciò che mi fa stare bene e per estensione mi rende felice, con l’intenzione di dedicarmici con grande impegno e determinazione.

  • Andare in montagna, camminarci, respirarla, odorarla, viverla.
  • Mangiare un’abbondante e deliziosa prima colazione.
  • Trascorrere tempo con le persone a cui voglio bene.
  • Offrire ospitalità e disponibilità.
  • Vivere le prime ore della mattina quando il mondo è ancora mezzo vuoto e addormentato.
  • Sentirmi stanco e soddisfatto dopo l’esercizio fisico, corsa e nuoto in primis.
  • Lasciare vagare libera la fantasia prima di prendere sonno.
  • Esprimere con parole chiare e semplici, scrivendo, i miei pensieri, le mie emozioni, i miei sentimenti.
  • Stare all’aria aperta.
  • Cucinare, soprattutto preparare dolci.

In questo calderone disordinato trovo piccole e grandi cose, alcune che già faccio altre poco o niente, alcune semplici altre che richiedono fatica. Mi servono come promemoria quando perdo la rotta, come obiettivi che mi ricordano che

essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. [Martha Medeiros]

Televisione

Tre/quattro anni fa ho notato che la TV era per me diventata una routine, un sottofondo, quasi un dovere accenderla durante i pasti, prima di dormire, appena sveglio, giusto per compagnia. Mi sono chiesto “Cosa mi dà? E se provo a tenerla spenta per una settimana?“. Detto fatto.

switch-off-televisione

Quei sette giorni non sono stati né migliori né peggiori; però non mi era mancata. Così ho smesso di accenderla e dopo qualche mese, l’ho regalata.

Da allora ho guadagnato tempo che dedico a musica e letture, non sono vincolato ad arredare il salotto in modo telecentrico, non sono disturbato dalla fredda luce che emana, non sono distratto dal continuo brontolio di voci e suoni che vomita.

Soprattutto questi ultimi due aspetti mi turbano percependo i televisori dei vicini, anche a distanza. È come essere non fumatori: le sigarette ti nauseano e l’odore ti infastidisce fino alla nausea, anche solo quello di un mozzicone di sigaretta spenta male.

Ma l’aspetto più straordinario è l’assenza dei telegiornali. Ah che liberazione! Basta notizie – più o meno false, più o meno costruite – urlate o borbottate con finta partecipazione da conduttori burattini, basta cronache raccontate per indurre paure o per commuovere, basta news che sono solo o brutte o stupide. Tutto questo combinato all’astensione volontaria di quotidiani, radio giornali, siti di informazione, anche locandine delle edicole mi dona leggerezza e serenità. E no, non sono isolato dal mondo né tantomeno disinformato o ignorante: quello che mi deve arrivare trova la strada per giungere ai miei occhi e orecchie.

E poi vuoi mettere la soddisfazione di stracciare a pieno diritto le lettere RAI che invitano a pagare il canone?

Seicentotredici

Apro gli occhi, sono sdraiato a pancia in giù sul divano. Vestito. Con le scarpe.

Machecazz…?!?

Comincio a unire i puntini. Aperitivo molestamente alcolico in splendida compagnia. Vuoto. Rientro a casa molto difficile e barcollante. Vuoto. Divano.

Però ho un po’ di fame, e in effetti non ho cenato. Ma che ora è?

Seicentotredici. SEI E TREDICI. D’OH!

Il piacere di donare

Ho fatto una sorpresa a una cara amica per il suo compleanno, andando a porgerle gli auguri personalmente, di mattina prima che partisse per il lavoro, suonando il campanello come consuetudine di qualche anno fa senza preannunciarmi via telefono. Le ho portato un semplice regalo, sentito e curato. Tornando indietro non riuscivo a togliermi sorriso ed euforia di torno, sì per averle donato piacere e tempo e attenzione, ma soprattutto per il gesto.

Così è l’amore, puro dare fine a se stesso, autosufficiente. Genera gioia e felicità solo per il fatto di esistere, perché è la forza vitale più importante e potente che un essere possiede. In quanto tale produce conseguenze e cambiamenti positivi, smuove lo status quo, indipendentemente dal fatto che sia ricambiato o meno.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona [Dante]

Il primo passo

Anche un viaggio di mille miglia comincia con un passo. [Laozi]

Il più difficile, al punto che spesso sembra impossibile muovere quel piede. Almeno questo vale per me, che arrivo all’estremo di nemmeno provarci. Male, molto male.

Vedere tutta la strada prima di mettersi in moto, aspettare che tutti i semafori lungo il percorso siano verdi è insensato e impossibile. Più saggio è essere un po’ preparati, sufficientemente motivati e partire. Ricordo quando uscivo dagli spogliatoi d’inverno, con i pantaloni corti da vero rugbysta, col freddo dentro tutto il corpo da vera femminuccia; e dopo le prime risate coi compagni, le prime corse sul campo, i primi palloni passati e calciati neanche più sentivo il vento, la pioggia, la temperatura di menoqualcosa gradi, il terreno ghiacciato.

Così è ogni evento della vita, dalla routine quotidiana (chi ha detto sveglia?!?) alle novità. Una volta in movimento, questo diventa via via più fluido; gli inevitabili ostacoli che si incontrano, si affrontano e superano, rallentando sì la marcia, ma imparando qualcosa di nuovo.

Iniziare un nuovo cammino spaventa. Ma, dopo ogni passo che percorriamo, ci rendiamo conto di come fosse pericoloso rimanere fermi. [Roberto Benigni]